lunedì 23 gennaio 2017

Racconto di una mamma e della sua doula....


LA MIA DOULA 



Era quasi iniziato l’inverno. A Bussana tirava un vento freddo, “frizzante” come diceva la mia nonna quando gli alberi perdevano le foglie e l’autunno consegnava le chiavi all’inverno.
Anche in quei giorni era così, ma non c’era tanto tempo per guardare fuori dalla finestra con il naso appiccicato ai vetri. Quello sarebbe stato un inverno speciale, senza tempo, senza fretta, senza i soliti impegni da calendario. Una sorprendente avventura era iniziata. La piccola Lucia era arrivata nella mia vita e pulsante come una stella mi chiedeva amore.
Avevo avuto un bellissimo parto, da copione: cinque ore di travaglio vissute con il mio amato compagno, tutto era andato splendidamente, eravamo tornati a casa in una domenica soleggiata e a volte ancora mi sembra di respirare l’aria della casa in attesa di noi quando entrammo in tre. Scoppiai in un pianto senza fine e Giulio mi guardò preoccupato, ancora ora fatica a comprendere i miei frequenti sbalzi d’umore tutti al femminile. Piangevo di gioia, di paura, di eccitazione.
I primi giorni erano stati bellissimi, Giulio era vicino a me, mia mamma era arrivata da Roma e viveva con me ogni piccola emozione, avevo iniziato ad allattare con la gioia dentro. Tutto sembrava perfetto. 
Ma quel 24 novembre qualcosa cambiò.
Giulio era tornato al lavoro, certo solo per poche ore ma io e Lucia ci svegliavamo sole, e mia mamma era tornata ad occuparsi della nonna, a Roma. Pensavo a loro, ci pensavo spesso e le invidiavo: le immaginavo prendersi una tisana calda la sera, insieme, e mia mamma che le rimboccava le coperte, come faceva a me molto tempo prima. Proprio io che mai avrei invidiato qualcun’altro.  Improvvisamente mi sentii come “imbottigliata”, mi sentivo una donna alla quale avevano tolto qualcosa.
Guardavo lei, Lucia, candida  nella sua culla, temevo che per qualche ragione mi leggesse nel pensiero. Ero felice, ma anche tremendamente triste, mi sentivo sola ma non avevo voglia di vedere le amiche. Avevo voglia di uscire ma ero spesso troppo stanca per farlo. Aspettavo con ansia l’arrivo di Giulio perché era più facile in due. Ma spesso non riuscivo a concedermi del tempo: allontanarmi dalla bambina metteva in libertà una strana sensazione di egoismo, temevo di rivelare a me stessa che avevo una smodata voglia di stare sola.
 La mia amica Marzia aveva uno splendido bambino di un anno, anche lei aveva avuto momenti bui: ci sentivamo spesso al telefono e a lei rivelavo un po’ della mia inquietudine, non volevo che altri sapessero che ero triste. Avevo una bambina buona e tranquilla, a 2 settimane di vita dormiva per ore ma nonostante ciò non riuscivo a fare nulla che mi desse piacere, nelle ore libere pulivo la cucina in modo compulsivo oppure cercavo su internet informazioni sulla famosa “babyblues”, avevo capito che potevo esserci dentro. Inoltre temevo che il mio latte non fosse sufficiente, la bambina cresceva ma era molto richiedente e io mi sentivo “non sufficiente” per lei.


Era un pomeriggio in cui non ero riuscita nemmeno a lavarmi la faccia quando il campanello suonò 2 volte ed era Marzia: mi portò un cestino con degli smalti, sapeva che li adoravo, ma la reazione fu un crollo. Piangevo imbarazzata. Mi sentivo così lontana da tutti, anche da me stessa. Mi abbracciò e mi disse che il regalo era dentro il cestino, sotto gli smalti. Un bigliettino rosa faceva capolino sul fondo ”Stella- doula”, con affetto, la tua amica del cuore.
Quello fu il regalo più prezioso che mi fece Marzia.
Ancora non capivo cosa dovessi fare. Sapevo che esistevano queste “doule” e che erano delle donne che aiutano le mamme, ma non pensavo fosse facile trovarle, se ne parlava poco e non conoscevo nessuna che direttamente ne avesse avuta una. 
La sera stessa, mentre allattavo Lucia, chiamai quel numero sul retro del bigliettino e parlai con Stella. Mi presentai, le dissi che un’amica mi aveva prenotato degli incontri (erano quattro) e che mi sarebbe piaciuto incontrarla. Mi fidavo di Marzia ed ero troppo triste per continuare a condividere le mie paure solo con me stessa.
 Ci demmo appuntamento il giorno successivo alle ore 15.



PRIMO INCONTRO

Avevo cercato di sistemare casa ma non era stato facile: Lucia aveva dormito pochissimo e inoltre in quei giorni voleva poppare almeno otto volte al giorno. Quando Stella arrivò ero in vistoso imbarazzo e mi scusai per il disordine.
Era bionda con una pelle chiarissima e pulita, aveva qualche ruga di espressione intorno alla bocca, un profumo buono di fiori e di aspetto delicato.
Ci sedemmo sul divano mentre Lucia iniziava a poppare. “Allora, chi è questa principessa?” mi chiese sorridendo. Le parlai di Lucia dipingendola come una bambina perfetta, mi dilungai descrivendo quanta felicità mi avesse portato. Le dipinsi la maternità come un momento eccezionale, ero grata al cielo per aver ricevuto un dono così bello.
Mi faceva parlare senza intromettersi, ero sul palcoscenico, non so se avete presente quando siete concentrati su di voi e il pubblico scompare per poi applaudire in un secondo momento? Il suo era un silenzio calmo, non imbarazzante, e io parlavo, la inondavo di parole.
Ero un fiume in piena, avevo fretta di dire, di riempire lo spazio. Poi mi fermai e le dissi :” Stella, forse ti chiederai cosa c’è che non va, visto che sei qui”. Stella mi guardò con dolcezza e mi disse : “Io vedo una mamma amorevole che ha tanta voglia di dire”, le dissi che era un po’ che non parlavo così tanto, che non sapevo di preciso cosa mi aspettassi da lei. Poi mi disse:” E’ importante poter parlare di noi, del nostro mondo, poterlo fare con libertà, come scrivere su un diario, ecco… una doula è anche un diario”. Le dissi che non parlavo da settimane di me, parlavo con mia mamma, con Giulio, con qualche amica, di Lucia, dei grammi che prendeva, della sua acne neonatale, parlavo della mia cucina disordinata ma non parlavo mai di me.


Lucia era crollata dal sonno e la misi nella sua culletta accanto a noi. Mi ricomposi e poi dissi: “Quindi con una doula posso parlare di…me?”. Stella mi rispose :”Si, se vuoi”. Sorrise e mi sfiorò la guancia con un buffetto, un tocco impalpabile ma pieno di cura per un persona che quasi non ti conosce. Sentii sgorgare le lacrime ma ancora cercavo di trattenerle.
“Io…sono una mamma felice ma una donna triste”, balbettai. Quasi mi veniva da sorridere.
Forse ero stata poco chiara. La doula rimase ancora un po’ in silenzio e poi mi sussurrò: “Com’è questa tristezza?”.
Le lacrime sgorgavano copiose. Mi porse un fazzoletto e la vidi intenerita. Non sapevo cosa mi stesse succedendo: avevo una gran voglia di essere abbracciata, sentivo che quella donna ancora sconosciuta non avrebbe pensato male di me e così mi lasciai andare e le dissi che ero una “mamma infelice” e che mi sentivo immensamente in colpa per questo. Forse mi lesse nel pensiero perché poco dopo mi accolse in un abbraccio materno. Piansi tra le sue braccia, attraccai ad un porto franco. Solo in quel momento capii che tutto ciò che cercavo era un rifugio, un luogo in cui depositare i miei pensieri, i miei sensi di colpa. Non riuscivo a incontrarli da sola.
Mi sentivo sottosopra, liberata, leggera ma stanchissima. Non sentii il bisogno di parlare ancora. Stella non mi chiese niente, accolse la mia scelta, una sorta di accordo “non detto”.
 Mi chiese se desideravo farmi una doccia, lei avrebbe sorvegliato Lucia, ma le dissi che preferivo rimanere con la bambina. Preparai una tisana e la bevemmo insieme. Non so perché ma improvvisamente mi venne voglia di ridere. Le raccontai di quella volta che preparai una tisana a Giulio e per sbaglio gliela appoggiai bollente sul braccio mentre in tv vidi la faccia della mia vicina di casa ad una orribile trasmissione. Risi e contagiai anche lei. Allora anche Stella mi raccontò di quando per errore mise il sale nella tazzina del caffè del titolare di suo marito dopo la primissima cena; e così iniziammo a ridacchiare. Mi sembrava di aver ritrovato un’amica.
Mi sorpresi per quanto bene mi fece piangere quel pomeriggio. Avevo pianto con una donna che non mi conosceva ma che in quel momento mi aveva ascoltata senza giudicarmi, con la calma di una mamma, la dolcezza di una donna, la confidenza di un’amica. Così conobbi la mia doula. Ci salutammo e ci demmo appuntamento per due giorni dopo.


IL TEMPO CON LA DOULA

Due giorni dopo Giulio mi fece una sorpresa e si prese il giorno libero, quindi chiamai Stella e le chiesi di vederci la settimana successiva. La giornata fu piacevole, Giulio era intenzionato a starmi accanto, era curioso di sapere cos’avesse fatto la doula qualche giorno prima visto che rientrando dal lavoro mi aveva trovata un po’ sottosopra ma in pace.  Forse a suo modo avrebbe voluto fare lo stesso.
In quei giorni avevo fame di compagnia, sentivo che da sola mi sarei persa. Giulio ed io facemmo una lunga passeggiata con Lucia; mi disse che era dispiaciuto del mio isolamento, sembrava triste, desiderava vedermi allegra, mi disse che la mia tristezza lo preoccupava al punto da farlo dormire male. Improvvisamente sopraggiunse un crescente senso di inadeguatezza. Non avrei voluto deludere il mio uomo. Avrei voluto spiegarli cosa mi attraversava il cuore ma non ce la feci.

Il giorno dopo chiamai Stella, le dissi che ero felice di averla conosciuta e che mi dispiaceva aver rimandato il nostro appuntamento. Lei mi rassicurò e mi disse che era importante per me e Giulio passare del tempo insieme e che era felice se lo eravamo noi. Poi le dissi che la bambina aveva un forte arrossamento al sederino e che non sapevo cosa fare, e aggiunsi anche che  forse non l’avevo lavata bene, che forse ero distratta da qualcosa, che non mi sentivo tranquilla.
Stella mi disse che nel pomeriggio aveva qualche ora libera e che se avessi voluto sarebbe passata per un saluto. Accettai. L’idea di averla in casa anche solo per poco mi rassicurava.
Alle 17 Stella arrivò.
Mi saluto calorosamente con il suo fare delicato che tanto mi colpiva ogni volta.
Ci sedemmo in salotto. Lucia dormiva. Parlammo del sederino dei bambini, mi disse che la sua nonna usava impacchi di acqua e olio e riaffiorò in me il ricordo di mia mamma che mi raccontava di questo miracoloso rimedio.
Le dissi che se ci fosse stata mia mamma me lo avrebbe di certo detto e che Giulio invece non sapeva niente. Nel momento in cui pronunciai il nome Giulio sentii dentro un’emozione molto vicina alla rabbia.
La doula mi chiese “Come va con lui?”. La guardai e le dissi “Beh, benissimo, siamo da sempre molto uniti”.
Stella mi propose di parlare di “noi” (come coppia) se lo desiderassi. Le dissi che volevo parlarne ma che in quel momento non riuscivo a trovare le parole. Mi chiese se avessi un foglio e dalla sua borsa tirò fuori dei meravigliosi pastelli che profumavano di infanzia.  Mi domandò :”ti piace disegnare?”. Le risposi che adoravo il disegno.
Mi propose un gioco, disse:” il disegno non ha bisogno di parole, se vuoi puoi far parlare questi pastelli, ed è anche un buon modo per rilassarci”, e così anche lei iniziò a disegnare.
Disegnai una bella casa con il camino fumante, gialla, rossa e arancione: disegnai un orsetto e una mano che lo accarezzava. Poi guardai bene e vidi che mancava qualcosa. Stella mi chiese di dirle come mi sentissi. Sentivo la solitudine nonostante il calore di quella casa.
Mi sentivo distante da Giulio, lui mi voleva bene ma non mi stava aiutando, non mi dava il permesso di buttarmi giù, lui non voleva vedermi triste. Il magone lasciò spazio ad altre lacrime. Le dissi che la vita a tre non era così perfetta come mi aspettavo. Allora lei mi chiese :”Com’è una vita a tre perfetta?”. Le risposi: “Sono tanto confusa”. Mi guardò come faceva mia mamma quando da piccina mi dava quelle risposte rassicuranti, quando ti fidi a prescindere, perché sai che la mamma è la mamma. Mi parlò di questo carnevale di emozioni che caratterizza il puerperio. Mi disse che questi “momenti” a tratti opposti potevo accettarli, farli accomodare, che avremmo potuto disegnarli, nominarli, magari anche arrabbiarci con loro ma che potevamo “addomesticarli”, era possibile farlo, mi ricordò che sarebbe rimasta con me, tutto il tempo necessario.
Mi chiese se la parola “insieme” mi piacesse: ecco..“quell’insieme” mi piaceva. Lei, Stella, pareva che sapesse esattamente dove mi trovavo, nonostante l’evidente confusione. Avevo l’impressione che lei mi mostrasse la strada, non una strada, la mia.



I motivi che mi spinsero a vederla ogni settimana per qualche mese si possono racchiudere in poche parole: avevo bisogno che qualcuno mi aiutasse a riconoscere i miei fantasmi, ad addomesticarli, potevo accettare tutto se qualcuno mi illuminava la strada.
Stella veniva da me il pomeriggio, dopo qualche incontro le permisi di tenere in braccio Lucia mentre io mi facevo il bagno. A volte mi portò uno spuntino. Altre mi portò qualche libro di tradizioni popolari sui rimedi naturali dei bambini. Adoravo leggerli e metterli in pratica.
Dopo il terzo incontro presentai la mia doula a Giulio. Gli piacque molto. Si fermò a cena da noi.
La mia doula era una presenza illuminante in un momento di montagne russe emotive. Forse il suo nome non era casuale.
 Con lei le mie paure trovavano ristoro, potevo mostrare i miei punti luminosi e le mie ombre, lei era lì, era il mio “caro diario”, accoglieva e non sottoscriveva.
Ridevamo insieme e non solo: una volta raccontai una storia triste e piangemmo insieme. Quando allattavo Lucia  lei mi leggeva storie buffe.
Un giorno ero stanchissima e lei ha fatto la spesa per me, non mi sembrava vero.
Erano pomeriggi straordinariamente normali, Stella è davvero  una donna di cuore.
Una volta la rappresentai in un disegno: era un cesto vuoto che profumava di legno e fiori, pronto da riempire con frutti gustosi.
Sono grata a Stella. Lo è anche Giulio.
E poi ho capito che non ero una mamma infelice, solo che avevo bisogno di “una mamma”. Ogni donna ne ha bisogno.



Arianna

giovedì 19 gennaio 2017

Perchè una doula??

Chi è la doula e perchè una doula?
Non è facile per noi doule dire CHI siamo, COSA facciamo, e COME lo facciamo.
Mi piace pensare alla nascita di una doula come un fiore che sboccia con un suo colore, un odore e proprietà benefiche del tutto personali. Una doula entra in azione quando una madre ha bisogno di lei. E questo bisogno è molto semplicemente un bisogno di CURA. 
La doula ha il calore di una mamma, la voce di un'amica, l'abbraccio di un angelo custode. 
Quando una donna diventa mamma il mondo diventa grandissimo, un mondo pieno di amore, di gioie ma anche di dubbi, paure, solitudini. Può capitare che manchi la presenza dei familiari, soprattutto femminili, che per ragioni di lavoro o lontananza fisica non possono offrire sostegno. 
E allora una doula offre la sua presenza ora silenziosa ora melodiosa, ritagliata intorno alle necessità di QUELLA mamma, affinchè possa ritrovare la sua armonia e riappropriarsi delle sue risorse, per vivere al meglio questa magica esperienza con la sua creatura e con il suo compagno. La doula lavora a domicilio, ma essenzialmente non c'è uno spazio e quindi mi verrebbe da dire che la doula sta nello SPAZIO DELLA MAMMA, in quel "reparto" dedicato alle emozioni, dove tutto è delicato, prezioso, da preservare.
 L'ingrediente che non manca mai è il RISPETTO delle scelte della madre; la doula non persuade, non giudica, non ha dottrine o orientamenti prefissati, semplicemente ACCOGLIE la scelta della madre, la aiuta a realizzare i suoi desideri, aggiunge una mano sul timone che la madre stessa ha orientato.
Da donna e madre ho appreso che la forza di una donna nasce laddove lei stessa riconosce di aver bisogno di sostegno. Essere consapevole delle proprie fragilità e cercare aiuto è un eroico gesto d'amore per SE STESSA.
Del resto le mamme sono tutte eroine....